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Commento dati ISTAT Occupati e disoccupati

L’aumento degli occupati di ottobre (+82mila) porta in sostanziale parità (-4mila) il confronto tra il trimestre agosto/ottobre 2022 e quello precedente.

Il tasso di occupazione conseguentemente sale al 60,5%, il dato più alto per le serie storiche italiane ma che continua a vederci, come negli anni precedenti, di circa 10 punti sotto la media europea, anche di paesi con una disoccupazione più alta della nostra e che, per quota prevalente, è dovuto alla diminuzione delle persone in età da lavoro.

Una situazione dell’occupazione italiana quindi, di fatto cristallizzata senza che cambino le negative caratteristiche qualitative del nostro mercato del lavoro. Gli occupati indipendenti oscillano sempre attorno alla quota di 5 milioni, una delle quantità più alte in Europa soprattutto per gli occupati indipendenti senza personale, che probabilmente crescerà ancora in relazione alle norme della Legge di bilancio sulla flat tax, ma a scapito del bacino dei dipendenti. Resta sempre molto alta, attorno ai 3 milioni, la quota di lavoratori a termine, così come è prevedibile che non sia calata la quota di part time soprattutto involontario.

Contemporaneamente, l’occupazione italiana continua ad invecchiare. La crescita degli occupati ad ottobre è solo fra gli over 50, raggiungendo circa il 40% del totale degli occupati, mentre è in calo in tutte le altre classi di età.

Un mercato del lavoro evidentemente ingessato, nonostante la crescita del PIL nello stesso periodo sia stata più forte di quanto previsto. Su questo quadro statico gravano però molte variabili relative al prossimo futuro. Si prevede una fase di forte contrazione dello sviluppo, se non di recessione, che provocherà ovviamente ripercussioni sull’occupazione italiana. Il fatto che possa coincidere con la scadenza annuale di molti contratti a termine ne aumenta ancor di più l’elemento di pericolosità.

Per gli occupati permanenti un calo produttivo può comportare una ripresa del ricorso alla CIG, ma anche in questo caso quello che più preoccupa è la previsione di sospensione o cessazione di attività di tante piccole aziende che le associazioni di impresa da tempo prevedono.

I bassi salari italiani e l’alta inflazione stanno erodendo i consumi, provocando non solo problemi per le famiglie ma conseguenze anche per la produzione. Le stesse nuove previsioni di legge, come ad esempio la reintroduzione dei voucher peraltro con un massimale di costo così alto, aumenteranno la precarietà.

Tutte possibili notizie negative per l’occupazione che la Legge di bilancio appena proposta non solo non cerca di prevenire puntando ad una ripresa dello sviluppo con investimenti e scelte industriali e produttive mirate, ma che anzi aggrava dal punto di vista delle regole del lavoro.

 

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