Ora tutto più difficile, di Aly Baba Faye
Quando Bruno è morto l’anno scorso mi trovavo in Senegal. Mi chiamò mia moglie per darmi la notizia. Ero sconvolto. Quel giorno avrei dovuto festeggiare il mio compleanno. Ma la notizia cambierà per sempre la ricorenza. Non potrò più festeggiare gli anni come ero abituato a fare. Quando Bruno è morto l’anno scorso mi trovavo in Senegal. Mi chiamò mia moglie per darmi la notizia. Ero sconvolto. Quel giorno avrei dovuto festeggiare il mio compleanno. Ma la notizia cambierà per sempre la ricorenza. Non potrò più festeggiare gli anni come ero abituato a fare.
Ora il 22 agosto è anche l’anniversario della morte del maestro. La morte di Bruno per me era una grande perdita. Bruno era un amico. Lo incontraì la prima volta alla Sorbonna agli stati generali della gioventù contro il razzismo 1989. Poi ci siamo rivisti a Roma alla prima manifestazione contro il Razzismo dopo l’assassinio di Jerry Masslo il 7 ottobre 1989. All’epoca ero segretario nazionale della CASI, (coordinamento Associazioni Senegalesi in Italia). Il nostro rapporto si è consolidato con il mio ingresso nel sindacato.
Bruno divenne un vero amico. Ci parlavamo in francese. Avevamo in comune la passione per le avventure di Tintin. Bruno mi raccontò molti momenti della sua vicenda personale e familiare (da emigrata in Francia). C’era un rapporto personale e non solo “politico”. Basta pensare che al mio matrimonio mi fece da compare. Ad un anno della sua scomparsa posso dire che la sua mancanza è una perdita per il movimento per i diritti.
Bruno fu il teorizzatore della Strategia dei diritti e l’Etica della solidarietà. Una visione che egli mise al centro dell’impegno sindacale i diritti degli immigrati e la lotta contro il razzismo. Era questo il tema che portò al congresso della Cgil del 1991. Dunque Bruno era uno dei pionieri dell’antirazzismo assieme a Padre Balducci, Don Luigi Di Liegro, Tom Benetollo, Dino Frisullo…
Dice qualcuno che ”i migliori tra noi hanno come forma paradossale di permanenza, il non esserci più“. Oggi senza queste grandi personalità tutto è diventato più difficile. Bruno ci credeva fino in fondo alla battaglia per i diritti degli immigrati, alla solidarietà per i richiedenti asilo. Ricordo una delle nostre chiaccherate dopo l’11 di settembre e di come l’idea di uno scontro di civiltà avesse tagliato fuori il cosmopolitismo e con esso me e la mia famiglia dalla storia. Lui mi disse di non smettere mai di batterti e che bisogna avere sempre il coraggio dell’utopia. Senza utopia non c’è invenzione né tanto meno innovazione. Possa il suo ricordo servire da stimolo per non cedere alla rassegnazione. Merçi Bruno!