Matteo Lancini e la lezione al FestivalFilosofia di Modena. Tre generazioni di adolescenti, ma l’ultima facciamola crescere a modo loro.
Una interessante provocazione quella di Matteo Lancini, che nella splendida piazza di Carpi, nell’ambito del FestivalFilosofia, con migliaia di persone attentissime, ha cercato di dare una soluzione plausibile all’enigma degli adolescenti del Terzo millennio. Si tratta di un discorso che interessa tutti, al di là dell’anagrafe, dell’impiego svolto o non svolto, che si abbiano o meno figli. Capire gli adolescenti in questa porzione di Ventunesimo secolo fa bene anche a coloro che svolgono il ruolo di sindacalisti, perché prima o poi con loro, con la loro complicata psiche, con i loro bisogni, bisogna fare i conti. Matteo Lancini racconta dell’oggi dell’adolescenza ma ci riporta al passato e ci induce a intravvedere il futuro.
“Proverò ad accompagnarvi in tre epoche” esordisce infatti Lancini, “che hanno caratterizzato il modo di attraversare l'adolescenza nel corso delle generazioni. Sono tre modi diversi: il primo ormai superato da tempo, fino ad arrivare a questa terza epoca che ho chiamato quella del ‘sì te stesso a modo mio’, ovvero dell'essere adolescenti nell'epoca della fragilità adulta. Prima epoca, mio nonno mi ha guardato due volte mentre palleggiavo con una pallina di carta avvolta nello scotch. Credetemi, quando mi guardò non era per dire che avrei riportato l'Italia ai mondiali, che ero bravissimo, come accade oggi. Già il fatto che girasse lo sguardo verso suo nipote voleva dire che avevi sbagliato la mossa. Era una famiglia tradizionale, normativa, funzionava così, lo dico a noi genitori, meravigliosa. Pensate, i bambini venivano al mondo, li guardavi e gli dicevi: devi obbedire, finito l'intervento educativo. Pensate che meraviglia assoluta oggi. A quelli duri di comprendonio aggiungevano prima il dovere e poi il piacere, se li sommate sono nove parole, congiunzioni comprese e per il resto erano fatti i tuoi. Da quel momento in poi la famiglia tradizionale normativa non esitava a farti soffrire. C'era una visione del bambino come soggetto avido, incontinente, qualcuno che non sapeva limitarsi e quindi andava morigerato per il suo bene e per quello della società”. Lancini prosegue con l’interpretazione di questo idealtipo di famiglia tradizionale patriarcale. “Cosa vuol dire? Vuol dire che la relazione era considerata un mezzo attraverso il quale far transitare dei valori che all'epoca erano certi, condivisi. Non eravamo certo nell'epoca delle passioni tristi, nella società ovviamente complessa di oggi, di quest'epoca e quindi la visione del bambino era questa”. Inoltre, aggiunge Lancini, “se a questo sommate il fatto che la società era sessuofobica, cioè il sesso era guardato con sospetto. Praticamente desidera, vuole, va controllato, è avido, incontinente e il sesso era guardato con sospetto”. In realtà, si chiede Lancini “e questi modelli educativi cosa determinavano? Hanno determinato l'adolescente trasgressivo. E tuttavia, lavoro da 32 anni ed è da 32 anni che non incontro un adolescente trasgressivo. Quando sento dire che è arrivata l'adolescenza, l'età della trasgressione, rispondo: ai tempi di mio nonno e delle gemelle Kessler. Quel tipo di modello era un modello in cui tu non potevi esprimere te stesso il desiderio. E cosa accadeva? Arrivava l'adolescenza che è caratterizzata da una serie di compiti evolutivi ineludibili che sono gli stessi. Il processo separativo dai genitori, accettare un nuovo corpo con le nuove dotazioni, costruire un'identità. Ma avvengono in contesti diversi che determinano miti affettivi e modi di crescere diversi”. Difatti, prosegue, “l'adolescente cresciuto nella famiglia tradizionale normativa era il soggetto edipico. Aveva come interlocutore il super-io, la terribile norma che ti faceva sentire in colpa e quindi la trasgrediva, vi si opponeva. Per anni l'adolescenza è stata l'età della trasgressione”. Detto ciò, Lancini passa a illustrare la seconda epoca delle generazioni di adolescenti. “Ad un certo punto, la famiglia tradizionale normativa entra in crisi. È la crisi dell'autorità paterna. C'è una riorganizzazione del sistema familiare, del modo di vedere i bambini. Insomma, in poche parole, quando il bambino viene al mondo, incontra una mamma, che invece di dirgli devi obbedire, gli fa questo discorso: ‘Benvenuta in questa equipe, detta famiglia, in cui da questo momento sarà il protagonista principale’. Si scopre che il bambino non è avido incontinente, anzi è relazionale. Riconoscerà la voce della madre e del padre, che ha già sentito nella situazione intrauterina. Si scopre che non è vero che sono tutti uguali, delle tabule rase, è già un piccolo soggetto intenzionale, con cui instaurare una relazione. E per farla breve, la mamma prosegue il discorso così: ‘Ascoltami bene. Sei arrivata da poche ore al mondo, ma ti devo far già un discorso. Io e te cresceremo distantissimi col corpo, ma molto vicini con la mente’. In che senso, mamma? Abbiamo cambiato tutto, tu sei relazionale, anzi, forse con me ti annoieresti. Lontani tutto il giorno, ma fortemente in intesa. Non romperemo mai la relazione affettiva, la grande novità della famiglia affettiva e relazionale che cresce avendo distanti i corpi ma vicini con la mente. In estrema sintesi, se la famiglia tradizionale normativa utilizzava la relazione come mezzo per far transitare valori certi, in una società sempre più complessa, nella società dove la famiglia costruisce il suo microsistema di valori e la comunità educante è in crisi, la relazione diventa il fine ultimo dell'intervento educativo della famiglia affettiva. Non è più un mezzo, è il fine ultimo: il mantenimento della relazione”. Come si chiude la seconda epoca dell’adolescenza? Questo modello”, sostiene Lancini, “al quale si è aggiunto ovviamente la società dell'immagine, prima la fotografia, poi la televisione, le televisioni, poi Internet, la società dove il sesso è dappertutto, anche per lo sdoganamento e anche con tutte le terribili problematiche che abbiamo nella pornografia, cambia il modo di affrontare l'adolescenza, i compiti evolutivi sono gli stessi, ma cresci con l'idea che innanzitutto, devi avere tanti amici, devi essere popolare, devi avere successo e soprattutto che il corpo non è mai bello abbastanza”. In realtà, chiarisce, “una delle più grandi novità degli ultimi decenni è che la sessualità sparisce, ci sono dati sulla recessione sessuale, cala il desiderio sessuale, non conta più niente, lo si fa magari per mettersi alla pari con l'amica che l'ha già fatto ma non ha una valenza, conta il corpo estetico”.
Una interessante provocazione quella di Matteo Lancini, che nella splendida piazza di Carpi, nell’ambito del FestivalFilosofia, con migliaia di persone attentissime, ha cercato di dare una soluzione plausibile all’enigma degli adolescenti del Terzo millennio. Si tratta di un discorso che interessa tutti, al di là dell’anagrafe, dell’impiego svolto o non svolto, che si abbiano o meno figli. Capire gli adolescenti in questa porzione di Ventunesimo secolo fa bene anche a coloro che svolgono il ruolo di sindacalisti, perché prima o poi con loro, con la loro complicata psiche, con i loro bisogni, bisogna fare i conti. Matteo Lancini racconta dell’oggi dell’adolescenza ma ci riporta al passato e ci induce a intravvedere il futuro.
Finita l'epoca della trasgressione, il tema diventa la delusione, negli ultimi anni gli adolescenti sono cresciuti per delusione, l'interlocutore non è più il superiore ma è l'ideale dell'io, il sentimento dominante è l'inadeguatezza e la vergogna, la vergogna più difficile da elaborare come sentimento della colpa.
“Quali sono stati i sintomi di questi anni?”, si chiede Lancini. “Disturbo della condotta alimentare, la anoressia femminile, il ritiro sociale maschile, si investono più soldi cercando di contrastare un'emergenza di cui sentiremo parlare ancora molto, il ritiro sociale, il famoso fenomeno degli ikikimori a cui ho dedicato un libro nel 2019, un popolo di adolescenti maschi che sta scappando da scuola, che si ritira prima dalla scuola e dalla società, i tagli e il suicidio, il grande rimosso della nostra società. Dovremmo parlare ogni giorno coi figli e invece continuiamo a raccontarci, in nome della nostra fragilità, che se parliamo di suicidio, ai ragazzi glielo faremmo venire in mente. Così coltivano questi pensieri perché hanno adulti che non sono in grado di affrontarli. Più facile pensare che dobbiamo spegnere il cellulare una mezz'ora alla sera a tavola e sequestrarlo perché stanno male per questo. Ditemi se non è un'epoca della fragilità adulta. Comunque, questa epoca viene definita narcisismo”. Da qui parte la lezione per gli adulti nella loro difficile relazione con gli adolescenti di questa epoca. “Ma nonostante questo, l'importante è continuare a dire che siamo degli adulti autorevoli. Ora, il problema è che già non funzionava così prima. Ma siamo entrati in un'altra epoca. Oggi siamo andati oltre. Siamo in un'epoca di una fragilità adulta, per cui, senza accorgercene, sovraintendiamo la mente dei nostri figli e studenti, chiedendo loro di crescere secondo un terribile mandato, che è quello di essere sé stessi a modo nostro”. Infine, conclude Lancini, “oggi ho scoperto una cosa terribile. I ragazzi vanno in internet e non si sentono soli in internet. Vanno in internet a ridurre la solitudine che sperimentano ogni giorno con gli adulti di riferimento. Oggi bisogna fare le domande giuste, le domande che più disturbano. È l'unico modo di avere prevenzione. Non è detto che un figlio parli, perché un figlio è altro da sé. Ma se trova degli adulti che si identificano, e qui sono le belle notizie, parlano”. Il monito conclusivo a tutto il mondo degli adulti fragili: “abbiamo molto da fare, a patto di smetterla di dire che è colpa di internet, dei socialnetwork, dei videogiochi, dei trapper, invece di impegnarci di più ad aiutare le nuove generazioni a essere sé stesse a modo loro. Basta amarli per quello che sono”.