Questo studio si colloca all’interno di un percorso di ricerca di lungo periodo promosso dalla Fondazione Di Vittorio sul lavoro autonomo (Di Nunzio e Toscano, 2016 e 2024) anche per corrispondere al bisogno del sindacato di conoscere e interpretare quella parte del mondo del lavoro ancora non direttamente coinvolta nelle sue attività di sostegno e tutela.
Pubblichiamo in allegato lo studio realizzato dalla Fondazione Di Vittorio per la collana Working Paper dal titolo Occupazione e salari dei lavoratori dipendenti quadri in Italia e in Lombardia (2017-2021) e commissionato da Apiqa e Filcams Lombardia. La ricerca è stata condotta sulla base di analisi originali sui dati della Rilevazione sulle forze di lavoro (Rfl) dell’Istat e dell’Inps.
Il paper presenta i risultati di una ricerca-azione sul tema della povertà energetica nelle aree interne. L’indagine è stata promossa e condotta dallo Spi-Cgil (Sindacato dei pensionati italiani), in collaborazione con la Fondazione Giuseppe Di Vittorio. L’indagine sul campo è stata condotta su tutto il territorio nazionale attraverso un disegno di campionamento
Breve nota sul tasso di occupazione, la riduzione della popolazione in età lavorativa e i fenomeni migratori.
In questo studio, partendo dalla variazione della massa salariale registrata nel 2020 rispetto al 2019, abbiamo stimato la flessione del salario medio annuale in Italia verificando che questa è risultata di gran lunga la più marcata tra quelle rilevate nelle principali economie dell’Eurozona, anche per la sostanziale tenuta dell’occupazione dipendente garantita dal blocco dei licenziamenti disposto durante l’emergenza pandemica.
Abbiamo quindi rivalutato il salario medio aggiungendo al monte retributivo di Contabilità Nazionale le uscite per la Cassa Integrazione Guadagni (CIG) e i Fondi di Solidarietà (FdS) e abbiamo concluso che gli ammortizzatori sociali hanno più che dimezzato, in media, la caduta dei salari.
Il terzo numero del 2021 della Collana Working Paper della Fondazione Di Vittorio, parte dall’anomalia italiana dell’alto tasso di inattività per propone una misura alternativa della disoccupazione.
Lo studio dei ricercatori della FDV Giuliano Ferrucci e Nicolò Giangrande, prende in considerazione quella parte degli inattivi che, per l'immediata disponibilità al lavoro e per le ragioni della mancata ricerca di un impiego, sono assimilabili ai disoccupati in senso stretto.
Questo articolo definisce, quindi, l'area della disoccupazione sostanziale e il relativo indice, molto più elevato del tasso di disoccupazione ufficiale ma in linea col basso tasso di occupazione che caratterizza l'economia italiana nel confronto con le maggiori economie dell’Eurozona.
L’entità della disoccupazione italiana è da tempo oggetto di confronti e ricerche.
Gli indicatori fondamentali del mercato del lavoro italiano sono infatti anomali rispetto a quelli del resto dell’Unione Europea (dati media 2020). Il nostro tasso di occupazione è più basso di quasi 10 punti percentuali rispetto all’Unione Europea, ma contemporaneamente il nostro tasso di disoccupazione, seppur più elevato della media UE, lo è in maniera molto meno marcata di quanto comporterebbe la differenza col tasso di occupazione.
I conti così non sono allineati, dov’è la reale differenza? La si riscontra in una ormai storica anomalia del mercato del lavoro italiano che ha il più alto tasso di inattività di tutta l’UE.
Pubblichiamo il commento del presidente della Fondazione Di Vittorio, Fulvio Fammoni, al Rapporto BES 2020 con alcuni approfondimenti sul mercato del lavoro e sugli immigrati, rispettivamente a cura di Giuliano Ferrucci e Beppe De Sario, ricercatori della Fondazione Di Vittorio.
Il quarto numero della nuova collana Working paper FDV descrive le tre fasi attraversate dal mercato del lavoro nel corso del 2020, scandite dall’evoluzione della pandemia: il lockdown di marzo e aprile, che ha prodotto una improvvisa e cospicua contrazione del numero di occupati nel secondo trimestre del 2020; l’aumento congiunturale dell’occupazione nel periodo estivo, come conseguenza del progressivo allentamento delle restrizioni dettate dall’emergenza sanitaria; la recrudescenza dell’epidemia in autunno e il ripristino di severe misure di contenimento, le cui conseguenze in termini di produzione e lavoro non è ancora possibile valutare, se non con grandi margini di incertezza legati alla disponibilità del vaccino contro il coronavirus e all’efficienza della campagna vaccinale.
Sono molte le cause che hanno determinato l’attuale condizione del mercato del lavoro: la pandemia è il problema principale, ma si somma a questioni irrisolte che da tempo gravano sull’economia italiana e sul suo modello di sviluppo. La ricerca esamina le diverse fasi dell’occupazione in Italia nel corso del 2020 e propone una lettura (non una previsione) relativa al 2021.
In questo rapporto di Giuliano Ferrucci, ricercatore statistico presso la Fondazione di Vittorio, sono rappresentate le conseguenze dell’emergenza sanitaria sul lavoro in Italia, colpito dalle necessarie restrizioni imposte dal Governo per contenere la diffusione del coronavirus.
Tra il 2015 e il 2019, anni che avrebbero dovuto segnare la ripresa dalla grande recessione iniziata nella seconda metà del 2008, abbiamo dovuto accontentarci di incrementi del prodotto molto modesti, che collocavano il nostro Paese agli ultimi posti in Europa: il tasso di variazione del Pil è prima salito fino a +1,5% nel 2017 e poi sceso fino al misero +0,3% dell’anno scorso, con i primi, tangibili segnali di una nuova recessione: eravamo condannati alla “dittatura dello zero virgola”.
Pubblichiamo un commento a firma del presidente della Fondazione Di Vittorio sui dati Istat "Occupati e disoccupati" riferiti a maggio 2020 e una nota sulle statistiche congiunturali aggiornate a maggio 2020 a cura di Giuliano Ferrucci.
L’Istat ha diffuso oggi le statistiche relative all’occupazione nel mese di marzo. Come è noto, si tratta di dati campionari suscettibili di correzione, più ancora in questa fase a causa degli ostacoli che l’emergenza sanitaria in corso ha imposto alla raccolta dei dati di base.
Nell'ambito del progetto pilota FOME (The Future of Manufacturing in Europe), promosso dal Parlamento europeo e finanziato dall'agenzia Eurofound, è stato pubblicato il rapporto di ricerca dal titolo "Adaptation of national apprenticeship systems to advanced manufacturing".
Roma, 29 ottobre – L’area del disagio occupazionale, costituita da lavoratori temporanei non volontari e da part-time involontari, nel primo semestre 2018, raggiunge la quota record di 4 milioni 883 mila persone, pari al 21,7% del totale degli occupati e del 25,1% dei lavoratori dipendenti. È quanto emerge dal rapporto ‘Disuguaglianze e disagio nel lavoro’ elaborato dalla Fondazione Di Vittorio in base ai dati della Rilevazione Continua delle Forze di Lavoro dell’Istat.
Nel quarto trimestre 2017, le ore lavorate (dati conti economici ISTAT) sono ancora inferiori del 5,8% rispetto al primo trimestre del 2008 e le unità di lavoro sono il 4,7% in meno sempre relativamente allo stesso periodo. Si tratta di -667 milioni di ore lavorate e di quasi 1,2 milioni di Unità di Lavoro in meno rispetto al primo trimestre 2008.